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Thursday 18th of April 2024

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UNA BIOGRAFIA NUOVA: DON BOSCO

di Teresio Bosco

Emigrante a 12 anni

Quella sera, in cucina, insieme con il pane si masticarono parole amare. Parole che fanno male. Antonio vide Giovanni con il solito libro accanto al piatto, e alzò la voce:
— Io quel libro lo butto nel fuoco.
Margherita, la mamma, cercò il solito compromesso:
— Giovanni lavora come gli altri. Se poi vuole leggere, cosa te ne importa?
— Me ne importa perché questa baracca sono io a tenerla in piedi. Mi rompo la schiena sulla terra, io. E non voglio mantenere nessun signorino. Non andrà a stare comodo lasciando noi a mangiare polenta.
Giovanni reagì con violenza. Le parole non gli mancavano, e non era nato per porgere l'altra guancia. Antonio alzò le mani. Giuseppe guardava spaventato. Margherita cercò di mettersi in mezzo, ma probabilmente
Giovanni fu pestato, come e più di altre volte. I suoi dodici anni non potevano far fronte ai diciannove di Antonio.
A letto Giovanni pianse, più di rabbia che di dolore. E poco lontano da lui pianse anche sua madre, che quella notte forse non dormì.
Al mattino Margherita aveva deciso. Disse a Giovanni le parole più tristi della sua vita:
— È meglio che tu vada via di casa. Antonio non può proprio vederti. Un giorno o l'altro potrebbe farti del male.
— È dove vado?
Giovanni aveva la morte nel cuore, e anche Margherita. Gli indicò alcune fattorie nella zone di Moriondo e di Moncucco.
— Mi conoscono. Qualcuno ti darà da lavorare, almeno per un po'. Poi si vedrà.

Un fagotto e la nebbia

Cascina Moglia - foto d'epocaIn quella giornata gli preparò un piccolo fagotto con alcune camicie, i suoi due libri, una pagnotta di pane. Era febbraio. C'era neve e ghiaccio sulla strada e sulle colline intorno. Giovanni partì il mattino dopo. Mamma Margherita rimase a guardarlo sulla porta, ad agitare la mano, finché la nebbia non inghiottì il suo piccolo emigrante.

Tentò presso le « cascine » indicate dalla madre. Gli dissero che lavoro per un ragazzo non ne avevano. Nel pomeriggio aveva terminato la pagnotta e la speranza. Ormai poteva tentare soltanto dai Moglia.
« Chiedi del signor Luigi », gli aveva detto la madre. Si fermò sul portone che dava nell'aia. Un vecchio lo stava chiudendo. Lo guardò:
— Che cerchi, ragazzo?
— Da lavorare.
— Bravo. Lavora. Addio —. E continuò a tirare il pesante portone per sprangarlo. Giovanni radunò gli ultimi brandelli di coraggio:
— Ma io devo vedere il signor Luigi.
Entrò. La famiglia Moglia era vicino al portico a mondare i vimini per le vigne. Luigi Moglia, un giovane contadino di 28 anni, lo guardò meravigliato.
— Cerco il signor Luigi Moglia.
— Sono io.
— Mi manda mia madre. Mi ha detto di venire da voi a fare il garzone di stalla.
— Ma perché ti manda fuori casa così piccolo? Chi è tua madre?
— Margherita Bosco. Mio fratello Antonio mi maltratta, e allora lei mi ha detto di venire a cercare un posto come garzone.
— Ma povero ragazzo, siamo d'inverno, e i ragazzi
di stalla noi li prendiamo solo alla fine di marzo.
Abbi pazienza, torna a casa. Giovanni si sentì avvilito e stanco. Scoppiò in un pianto disperato.
— Accettatemi, per carità. Non datemi nessuna paga, ma non rimandatemi a casa. Ecco — disse con la forza della disperazione —, io mi siedo qui per terra e non vado piu via. Fate ciò che volete di me, ma io non vado più via —. E piangendo si mise a raccogliere vimini sparsi e a mondarli. La signora Dorotea, una fiorente donna di 25 anni, si intenerì davanti a quel ragazzo:
— Prendilo, Luigi. Proviamo almeno per qualche giorno.
Anche Teresa, una ragazza di 15 anni, provò pena per lui. Era la sorella minore del padrone, incaricata di badare alle mucche. Disse:— Io sono abbastanza grande per venire in campagna con voi. Per la stalla questo ragazzo andrebbe benissimo.

Giovanni Bosco cominciò così, nel febbraio 1827, la vita del ragazzo di stalla. I Moglia erano una famiglia di contadini benestanti, anche se lavoravano tutti da sole a sole. Lavoravano la terra, cioè vigneti e campi. Accudivano buoi e mucche. Pregavano insieme. Alla sera, attorno al focolare, la famiglia si riuniva per la recita del Rosario. Alla domenica, il signor Luigi guidava tutti alla « Messa grande », celebrata a Moncucco dal
prevosto don Francesco Cottino.
Il mestiere di Giovanni, ragazzo di stalla, non era una cosa umiliante, né eccezionale. Nelle «cascine» intorno, alla fine di marzo, si sarebbero trovati decine di «garzoni» come lui. Era la strada normale per tanti  ragazzi di famiglie povere. Alla festa dell'Annunziata (25 marzo), i padroni passavano nelle borgate o andavano sui mercati ad assoldare i ragazzi lavoratori per l'annata. Lavoratori stagionali e «alla pari»: otto mesi di flavoro sodo (aprile-novembre) e in cambio cibo, alloggio e 15 lire per i vestiti.

 

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